sabato 26 marzo 2011

La sua psicoterapeuta

Mi pare di aver avuto un’illuminazione. Lui non vuole che io per lui sia una compagna, perché più volte mi ha detto che di quello che penso e che sento non gli importa niente (per la precisione mi ha detto “non me ne frega un c***o”). Lui non vuole che sia per lui una figura materna, perché la madre va ascoltata, va rispettata e bisogna anche fare quel che la mamma comanda. Lui vuole che io sia la sua psicoterapeuta, perché lei la paghi e deve fare quel che vuoi tu, certo non ti può venire a dire “hai finito di fare la lagna?” oppure “se non ti dai una mossa le cose da sole non si risolvono”. La psicoterapeuta accoglie tutto quello che dici, ti parla con parole delicatissime di tutte le tue peggiori magagne e ti sostiene sempre e comunque. Parlando delle relazioni con le persone, io non devo dirgli che lui ha un problema, che lui soffre per qualcosa, che lui sbaglia in qualche sua considerazione. E poi cosa più importante quando si parla di cose che ci riguardano come coppia o come famiglia io non ho voce in capitolo, devo solo accogliere e accettare i suoi pensieri, le sue emozioni, le sue decisioni e limitarmi a dire di sì, a rinforzarlo, a sostenerlo. Il mio punto di vista è sempre fuori luogo: “non è questo il momento”, “non è di questo che stiamo parlando ora”, “non hai capito”, “ti sbagli”, “non è come dici tu”, “adesso ti spiego io com’è la cosa”. Se voglio in qualche modo portare avanti il dialogo devo soltanto ascoltarlo come se fossi la sua psicoterapeuta, tacere di me, annuire empaticamente e dire qualcosa per sostenerlo quando mostra debolezza, ma senza mai chiamare per nome la sua debolezza.

Oggi ho provato a dirgli che parlando con lui non mi sento accolta, lui ha risposto che non può certo diventare un’altra persona, trasformarsi. Il suo concetto principe: “se non ti va bene vattene”, con la variante “se non ti va bene fattelo da sola”. Dove la solitudine diventa la sola aria che si respira.

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